Io conosco Xi Jinping, vi racconto cosa pensa | Corriere della Sera

Quando si parlarono per l’ultima volta a tu per tu, nell’estate del 2013, erano entrambi ai vertici del governo dei propri Paesi. Kevin Rudd era primo ministro dell’Australia, Xi Jinping era il segretario del Partito comunista cinese da meno di un anno e poche settimane prima era stato eletto presidente della Repubblica popolare.

Si conoscevano da tempo. Si erano stretti la mano per la prima volta nel 1986, a Xiamen: Xi era vicesindaco della città e Rudd un funzionario dell’ambasciata australiana a Pechino. Quando nel 2010 Xi ricambiò il favore, fu proprio Rudd ad accoglierlo a Canberra. Entrambi avevano compiuto una lunga scalata politica: Rudd era premier, Xi vicepresidente della Repubblica e successore designato di Hu Jintao. Più che le conferenze stampa e le strette di mano, di quella visita Rudd ricorda un colloquio con Xi nella sua residenza ufficiale. Nessuna telecamera, nessun interprete: davanti a un caminetto si confrontarono in mandarino per più di tre ore.

Quelle conversazioni, e quelle con decine di mandarini di Pechino e con altrettanti diplomatici statunitensi — Rudd ha vissuto a lungo negli Stati Uniti e, tra i due premierati, è stato ministro degli Esteri — sono le fondamenta di Usa-Cina. Una guerra che dobbiamo evitare. L’intento del saggio, che «Foreign Affairs»ha incluso tra i 7 libri essenziali degli ultimi cento anni sugli Stati Uniti, è triplice: ricostruire la lunga stagione di incomprensioni tra Pechino e Washington, sfociate nelle tensioni attuali; proporre soluzioni strategiche per evitare che queste tensioni degenerino in un conflitto; tentare di aprire ai lettori occidentali le porte impenetrabili della mente di Xi Jinping.

Il resto: «la Lettura» Corriere.it

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